I telai usati per il Kumihimo sono diversi, specifici per alcune lavorazioni.
Sicuramente il più noto (e diffuso anche nella sua versione moderna in plastica morbida) è il Marudai (vedi immagine sotto).
Fondamentalmente si tratta di un cerchio in legno, sostenuto da colonnine ed un basamento, con un foro centrale, dal quale fuoriesce l’intreccio finito (tenuto in tensione da un peso). Attorno al cerchio sono disposte delle bobine di filo (da 8 a 32, ma anche di più, aumentando il diametro del cerchio).
Si possono realizzare intrecci rotondi, quadrati o piatti (come i sageo). La larghezza (o diametro) è determinata dal numeri di fili, il loro spessore e la larghezza massima del foro centrale).
Quello però che, a mio avviso, è il “principe” dei telai per kumihimo è il Takadai.
Molto più simile ad un antico telaio di foggia occidentale o medio orientale, consente di “gestire” molti più tama (i rocchetti di filo), fino ad arrivare ad oltre 100 fili da intrecciare. Contrariamente, però, ai telai più conosciuti, che hanno una trama ed un ordito fisso, nel takadai questi ruoli si invertono continuamente consentendo di creare degli oggetti unici nel loro genere. Ce ne sono di complessi, a 2 livelli (4 file di fili), o più semplici (come quello della foto) a 1 solo livello (2 file di fili).
Esempio di intreccio (52 bobine) di sageo “Kikko Gumi” su takadai (realizzazione dell’autore)